
Più mi guardo intorno e più vedo persone tristi, demotivate, quasi rassegnate. Sembra quasi si sia persa la speranza e non solo, anche la capacità di sognare. Non si osa, non si scommette più.
Siamo stati trascinati in un limbo che pare non avere vie d’uscita. Si fanno sempre i soliti pensieri limitanti e logoranti cadendo in un loop senza fine.
Stiamo attraversando un periodo di grande difficoltà economica e crisi istituzionale. Ci siamo adattati ad una società che impone regole conformistiche: l’essere normali, l’essere obbedienti, l’essere “bravi cittadini” e che non è capace di valorizzare una sconfitta come punto di crescita ma come un risalto alla critica, ai difetti, ai limiti.
Siamo cresciuti convinti che per stare bene ed essere felici avremmo dovuto trovare un lavoro, comprare una casa, mettere su famiglia, avere dei figli, e come ultimo obiettivo prendere la pensione prima di morire. Ma la vita non è solo questa.
La vita là fuori è ricca di opportunità e di sogni da realizzare! Solo che ce lo siamo dimenticati.
E’ paradossale, lo so, ma i paradossi fanno parte della vita. Benasayag l’ha definita “l’epoca delle passioni tristi”.
In realtà io penso che sia “l’epoca delle passioni autentiche”. Quelle passioni che rendono la vita più bella poiché si basano su una ricerca approfondita di noi stessi. Che implicano quella volontà, quell’impegno e quella determinazione che è in grado di farci vivere con amore e integrità.
Abbiamo un potenziale straordinario che abbiamo represso e sotterrato col tempo.
Con l’avvento di Internet e dei social viviamo ormai in un mondo che ha la capacità di farci connettere, di scambiarci informazioni, di incontrarci e conoscerci. Per la prima volta non siamo obbligati ad obbedire, ad uniformarci a regole imposte e aderire ad ideologie totalitarie e menzognere.
La crisi ha aperto nuove strade alla ricerca delle passioni autentiche con la parte più corrispondente della nostra natura. Una volta, la scuola e l’università erano scelte sulla base delle opportunità di lavoro che promettevano. Ci si uniformava a quel tipo di educazione perché ci si aspettava la ricompensa futura.
Per esempio, una persona appassionata di cinema veniva convinta a fare l’avvocato avendo così sostegno e sicurezza, ma corrompendo il suo spirito di autorealizzazione. Oggi le cose sono cambiate: la facoltà di giurisprudenza non promette più nulla con una mole infinita di avvocati a passeggio.
Questo permette ad una persona di autorealizzarsi ricercando autenticamente le sue passioni, le sue vocazioni e a trasformarle in un progetto di vita. Progetto che però non ha ancora una cultura pronta a favorirla.
Inoltre l’autorealizzazione può essere un problema perché molto spesso non sappiamo che cosa cercare. E allora subentra la rinuncia che comporta la frustrazione.
Il processo di autorealizzazione avviene mediante una ricerca complessa fatta di interrogativi, momenti di riflessioni, intuizioni.
Come coach il segreto del mio lavoro non sta nel “curare la persona” ma nel generare la “soluzione” nella relazione fra persona e problema. Bene, ma come? Da dove partire? Cosa sentire, vedere e analizzare?
Nei miei studi ho potuto scoprire che a volte le soluzioni si trovano facendosi delle domande su cose che diamo per scontate.
La domanda del coach è stata: “Quando un problema crea un malessere?” E la risposta è stata che “Un problema crea malessere nel momento in cui è correlato alla repressione di una nostra potenzialità”.
Si può verificare in due modi: 1) Il problema reprime una mia potenzialità es: la mia relazione d’amore insoddisfacente reprime la mia potenzialità di amare; 2) La repressione di una mia potenzialità si disvela creando un problema es: l’essere single diventa un problema perché sento che non posso esprimere la mia facoltà di amare.
I problemi interiori si manifestano sempre in problemi concreti. E i problemi concreti vanno risolti nella vita reale. In questo processo straordinario e rivoluzionario, le nostre potenzialità diventano i punti di forza da allenare per affrontare le sfide della vita.
Fin da piccoli ci insegnano che per risolvere i nostri problemi dobbiamo riparare i nostri difetti. Niente di più sbagliato! Non dobbiamo più focalizzarci sui limiti, ma dobbiamo partire dai nostri punti di forza e trasformarli in risorse eccezionali.
Perché è proprio con questa nuova consapevolezza che possiamo finalmente iniziare a vivere la vita che abbiamo sempre sognato.